Da vedere lungo la Greenway dell'Oglio

Il passo del Tonale 

Il passo Tonale (Pas del Tunàl in dialetto camuno) al confine tra la Lombardia ed il Trentino, è un valico alpino che delimita la Val di Sole dalla Valle Camonica, spiegandosi dai 1884 metri ai 3100 metri di quota fra i gruppi dell'Ortles-Cevedale e dell'Adamello-Presanella. Stazione turistica sia invernale ed estiva ai piedi del Ghiacciaio Presena (m. 3000), offre la possibilità di sciare quasi tutto l'anno con i suoi 100 km di piste servite da moderni e veloci impianti di risalita, ed è un ottimo punto di partenza per passeggiate ed escursioni.

L’ospizio di San Bartolomeo

La tradizione vuole che l'ospizio di S. Bartolomeo venisse edificato nel XII secolo per volontà di un certo Domenico de Marzi da Pizzano, sia per scopi religiosi che ad uso dei viandanti. La gestione dell'ospizio e della chiesa venne affidata inizialmente ad un priore e poi, verso la metà del Quattrocento, ad un beneficiato non residente. Soppresso il priorato, il cardinale Ludovico Madruzzo alla fine del Cinquecento lo incorporò al nuovo Seminario diocesano, che lo tenne fino al 1642 quando fu concesso in locazione perpetua alla comunità di Vermiglio. Successivamente il Comune diede in conduzione il luogo a vari privati.

La chiesa di S. Bartolomeo venne ricostruita nel 1828 dopo le incursioni delle milizie in epoca napoleonica, venne profanata nel 1848 e quindi restituita al culto nel 1857. Nella prima guerra mondiale venne completamente distrutta; fu riedificata e benedetta da mons. Celestino Endrici, vescovo di Trento, il 25 luglio 1925.

Ponte di Legno

Situato in posizione suggestiva, Ponte di Legno sorge in una soleggiata conca circondata dai più bei gruppi montuosi delle Alpi, l’Ortles-Cevedale a nord e l’Adamello-Presanella a sud est, al confine fra Trentino e Lombardia. La località si distingue per essere una delle più antiche stazioni sciistiche italiane e ancor oggi è meta prediletta dagli amanti degli sport invernali ma non solo: la bellezza dei dintorni consente infatti di affrontare nella stagione estiva piacevoli escursioni per tutta la famiglia. Nel periodo post-bellico, in seguito alle distruzioni della prima guerra mondiale, si è resa necessaria la ricostruzione dell’antico centro abitato del quale tuttavia restano la Parrocchiale barocca edificata nel 1685, dedicata alla Santissima Trinità, e il campanile cinquecentesco che l’affianca. All’interno dell’edificio sacro segnaliamo l’altare maggiore realizzato dai fratelli Ramus, con il paliotto attribuito a Giovan Battista Zotti, e il polittico ligneo proveniente dalla scuola di Maffeo Olivieri. Interessante inoltre, per i valori di tradizione che ne ispirano l’allestimento, il Museo parrocchiale di Arte sacra nel quale, oltre a quadri e oggetti d’arredo liturgico, sono esposte opere dello scultore Ettore Calvelli, il quale fu anche direttore del museo stesso.

Temù

Posto nella conca di fronte alla Val d’Avio, il piccolo borgo di Temù vanta antiche origini, infatti i primi nuclei abitativi, sorti lungo la via Valeriana, risalgono al XIII secolo. Il territorio montano è stato a lungo utilizzato a scopo agricolo mentre, negli ultimi anni, l’attività principale sembra essere diventata il mercato dell’edilizia residenziale, in relazione alle pressanti esigenze del turismo invernale che, assieme ai comuni limitrofi ma in minor misura, interessa anche Temù. Da visitare il Museo della guerra Bianca, nato per iniziativa di un reduce che combatté proprio sul ghiacciaio dell’Adamello, che testimonia l’importante ruolo difensivo attribuito a Temù durante la Prima guerra mondiale. All’interno, nelle tre sale, è possibile osservare i numerosi reperti e fotografie raccolti da un gruppo di volontari per comprendere la vita quotidiana dei nostri soldati al fronte. Segnaliamo inoltre la seicentesca chiesa di San Bartolomeo, il cui campanile con merlature ghibelline domina il paese, al cui interno si conservano opere di Giovan Battista Zotti e l’altare del Rosario attribuito alla bottega dei fratelli Ramus.

Segheria veneziana Stadolina

Il percorso transita subito dopo il ponte sulla destra davanti all’antica segheria detta “alla veneziana”. Si tratta di strutture che si diffusero durante il XIII secolo in tutta la valle, le quali prevedevano l’utilizzo di una sega idraulica, sistema ispirato ad alcuni disegni di Leonardo da Vinci. L’acqua veniva prelevata dal torrente e condotta alla segheria con un canale di legno. L’ultimo tratto del canale, lo scivolo, inclinato di 45°, conduceva l’acqua ad un mulino (molinèl), che attivava sia il movimento verticale della sega che l’avanzamento del tronco. Il tronco da segare veniva posto sul carro e fissato mediante una stanga (stango) e due cunei (còne).

Vezza

Caratteristica località posta a 1080 metri d’altezza che, nelle inferriate alle finestre, nelle murature e nei ruderi della torre restituisce l’immagine del borgo altomedioevale; interessante testimonianza storica è inoltre costituita dalla Casa Federici di impianto quattrocentesco. Da visitare in paese la settecentesca Parrocchiale di San Martino, con opere lignee di Giovan Battista Zotti e dei fratelli Ramus, e la chiesa di San Giovanni Battista che conserva sull’altare maggiore una Madonna col Bambino e Santi di Palma il Giovane. A circa quarantacinque minuti di tragitto da Vezza si raggiunge la chiesa di San Clemente, realizzata nei secoli XI – XII ma rimaneggiata nel corso del Cinquecento, affiancata dal campanile romanico a bifore. In questo contesto sono stati ritrovati i probabili resti di un ospizio per viandanti.

Le trincee del Davenino

Le trincee del Davenino, poste nell’omonima località, formavano la terza linea di trinceramento risalente alla Prima Guerra Mondiale, la quale faceva parte dello “Sbarramento del Mortirolo”. Il complesso fortificato sbarrava la valle nel suo punto più stretto, nella piana del fiume Oglio e sui due costoni laterali, fino al monte Piazza da un lato e fino al Pianaccio e al Monte Pagano dall’altro lato. Lo sbarramento era formato da una lunga trincea protetta da due muri di granito e malta di calce con copertura in cemento. La trincea, alta due metri e larga uno, partiva da Davenino, scendeva fino alla strada statale, attraversava l’Oglio e risaliva sul versante opposto. Tutta la galleria è dotata di finestrelle a forma trapezoidale, dalle quali i fucilieri potevano fare fuoco e contrastare un’eventuale discesa austriaca. Nella parte alta si notano anche alcune postazioni per mitragliatrici. Grazie ad un recente restauro, il complesso è percorribile senza troppe difficoltà e permette di farsi un’idea concreta della tecnica di difesa del tempo.

Incudine

La tradizione popolare vuole che il paese fu fondato già in epoca romana o medievale come campo di raccolta e di sorveglianza per schiavi. Il comune, il più piccolo della Valle Camonica, ha la particolarità di essere diviso in due località Solivo (al sole) e Vago (all’ombra) rispettivamente poste sulla riva a destra e sulla riva sinistra del fiume Oglio. A Solivo si visita la Parrocchiale di San Maurizio, edificata nel XVII secolo, con il bel portale in marmo di Sarnico. All’interno della chiesa si segnalano l’altare maggiore, opera riconducibile alla bottega dei Ramus, alcune sculture lignee di Giovan Battista Zotti e una Madonna del Rosario attribuita a Antonio Gandino; nella sagrestia sono invece custoditi alcuni ex voto dedicati a san Vito. Abbandonando l’abitato si incontra la chiesa di San Bernardino, che ricordiamo per una via Crucis seicentesca scolpita, caratterizzata da semplicità e realismo dei personaggi.

Pieve di Mù

La parrocchiale di Santa Maria Nascente si erge in posizione sopraelevata rispetto al centro e permette di avere una panoramica di Edolo dall’alto. La chiesa risalente al VIII-IX secolo, venne ampliata e ristrutturata nel XVII secolo con una serie di interventi che ne definiscono la forma visibile oggi. All’interno sono conservate alcune opere lignee di pregio attribuibili ai Ramus.

Edolo

Edolo rappresenta un punto di snodo focale tra la Valtellina, il Passo dell’Aprica e il Trentino sin dal 1450 quando divenne stazione di pedaggio. Seppur così vicina alle cime dell’Adamello e del Tonale, la località si contraddistingue per una posizione collinare, siamo infatti a 700 metri d’altitudine, grazie al quale si può godere di un fresco clima primaverile e della mitezza della stagione autunnale. Passeggiando per il centro storico si può notare l’antica struttura medioevale del paese: le dimore signorili dai portali in granito bugnato, le logge interne e le porte chiodate. Di particolare interesse sono anche le chiese, ricche di opere d’arte, come gli affreschi cinquecenteschi di Paolo Caylina il Giovane e del Romanino, nella chiesa dedicata a San Giovanni Battista, patrono di Edolo; e ancora, gli affreschi dello stesso Caylina il Giovane nella Pieve di Santa Maria Nascente, nel cui interno troviamo anche opere lignee di Pietro Ramus. A circa un chilometro dall’abitato si può visitare la chiesetta di San Clemente alla Costa probabilmente risalente ai secoli X e XI, quando iniziavano a svilupparsi lungo le vie i ricoveri per i viandanti.

Museo dell’elettricità

Agli inizi del ‘900 l’economia camuna, ancora centrata su attività condotte in maniera tradizionale, come la pratica della “ferrarezza”, riceve una notevole spinta dalla creazione di impianti idroelettrici, vere e proprie centrali. Alimentate dai numerosissimi laghi di sbarramento presenti nell’alta valle, queste centrali sfruttano la forza dell’acqua per creare energia. Lungo il corso dell’Oglio è dunque facile incontrare sistemi di turbine e strutture per l’incanalamento dell’acqua, elementi che, nel tempo, sono diventati caratteristici del paesaggio camuno, costituendo spesso importanti testimonianze di cultura materiale del XX secolo. In particolare segnaliamo l’apprezzabile edificio, sede della centrale di Edolo, e il Museo dell’Industria e del Lavoro di Cedegolo, nato appunto con lo scopo di valorizzare gli ambienti della vecchia centrale, in un percorso che illustrerà al visitatore i vari processi lavorativi legati alla produzione di energia idroelettrica.

A Cedegolo è possibile visitare il museo dell’energia idroelettrica, che ha permesso il recupero dell’edificio dismesso della centrale, in servizio sin dai primi decenni del XX secolo e per lungo tempo fulcro delle attività economiche del comune. L’obiettivo è quello di valorizzare un importante momento storico della vita del paese anche attraverso l’elaborazione di percorsi espositivi che privilegino l’interazione fra l’uomo, i suoi creati e l’ambiente naturale. Il polo fa parte del progetto museale Musil dedicato all’industrializzazione.

Centrale elettrica di Edolo (Enel)

La centrale di Edolo è uno dei più importanti e moderni impianti idroelettrici d’Italia e d’Europa. Con il suo moderno sistema di pompaggio è stata una delle centrali che ha permesso di far ripartire il paese dopo il disastroso black‐out che ha colpito l’Italia nel 2003. L’attività della centrale è divisa in due fasi principali: la fase di produzione dell’energia elettrica durante il giorno e la fase di pompaggio dell’acqua utilizzata, per riportarla al luogo di provenienza iniziale, durante la notte.

Una delle particolarità dell’impianto è proprio la sua struttura che si estende interamente sottoterra, accessibile grazie ad un tunnel lungo un chilometro. La visita al complesso segue un itinerario guidato da strumenti di comunicazione visiva che raccontano il processo di generazione dell’energia elettrica. Per la visita guidata, aperta alle persone dai 6 anni in su e gratuita, è obbligatoria la prenotazione. (www.inexodus.it)

Centrale elettrica di Sonico (Edison)

L’impianto idroelettrico Sonico utilizza le acque del fiume Oglio (in piccola parte regolate dal serbatoio del Lago Nero, situato sotto il passo del Gavia) e dei suoi affluenti. Nel fabbricato della centrale, un’elegante costruzione rivestita in pietra, si trovano la sala macchine, i locali per i servizi ausiliari, la sala quadri, i locali per gli apparati di teletrasmissione, uffici, officine e magazzini.

Sonico

Sonico sorge sopra un’altura, sulla riva sinistra dell’Oglio. Nel centro storico medievale la casa Federici merita una sosta: l’edificio risale al XIV-XV secolo, nelle sotterranee è stata scoperta una galleria che nel passato collegava l’edificio alle due torri medioevali, di cui oggi si vedono i tronconi, e alla chiesetta di San Giuseppe, per giungere sino al fiume. Si può visitare inoltre la Parrocchiale di San Lorenzo, con dipinti di scuola veneta e il paliotto in legno commissionato nel 1640 allo Zotti o al Piccinini quale ex voto contro la peste. A lato si noti il bel campanile rinascimentale.

Rino

Raggiungendo la frazione di Rino vale la pena ammirare la settecentesca villa Damioli e la torre medievale in piazza Sant’Antonio. Interessante anche la parrocchiale di Sant’Antonio Abate in cui vengono conservati alcuni affreschi attribuiti al Pitocchetto.

Tra il paese di Sonico e quello di Rino, discostandosi dal percorso di circa trenta minuti a piedi, è possibile visitare l’itinerario pluritematico del “Coren delle Fate” (Roccia delle Fate). L’area, caratterizzata dalla presenza delle incisioni rupestri, è il secondo sito in Valcamonica in cui è conosciuta arte figurativa su rocce micascistiche (quindi con superfici più ruvide). Tra i ritrovamenti, spiccano le figure geometriche e alcune precise raffigurazioni simboliche. Il sito si trova quasi a ridosso dell’abitato moderno, su un dosso roccioso che domina buona parte dell’alta valle, dalla quale è possibile scorgere il paese di Edolo.

Bunker della Prima Guerra Mondiale

Durante la Prima Guerra Mondiale, la piana di Greano, posta a sud della Strada Statale del Tonale e della Mendola, era l’ultima linea di difesa dell’Alta Valle Camonica. Lo sbarramento fortificato formava una linea che doveva bloccare l’eventuale discesa nemica in direzione di Brescia e si componeva di una serie di 12 bunker, realizzati in calcestruzzo leggermente armato, collegati da un passaggio blindato. Oggi, l’esempio meglio conservato è visibile sulla destra della statale salendo da Edolo. Da questo bunker, seguendo una linea pressoché retta, si susseguono altre otto costruzioni. La struttura, ben più articolata e curata rispetto alle trincee del Davenino, si caratterizza per una pianta a settore di cerchio, con due robuste spalle a sostegno della spessa volta. La parte anteriore, ad arco, presenta una larga feritoia orizzontale che permetteva l’osservazione e l’eventuale passaggio delle mitragliatrici.

Cedegolo

Siamo ora verso il fondovalle, in una zona ricca di ritrovamenti rupestri e di strutture megalitiche che confermano, anche Cedegolo, la presenza di insediamenti sin dall’età preistorica. Da sempre questo territorio ha occupato una posizione di rilievo tra i comuni della Valle Camonica, sia per le officine di lavorazione del ferro dapprima, che, in un secondo momento, per il commercio.

In paese si può ammirare la seicentesca Parrocchiale di San Girolamo, originariamente costruita su un edificio del XV secolo, nella quale troviamo pregevoli opere di Pietro Ramus, come la soasa e il tabernacolo dell’altare maggiore, e il paliotto di Giovanni Piccini. A fianco della chiesa si erge il bel campanile con bifore e merlature ghibelline.

Capo di ponte

Il suo territorio si trova tra due splendide e affascinanti montagne, il Pizzo Badile e la Concarena, che locali erano temute e venerate perché davano luogo a splendidi fenomeni di luce per loro inspiegabili. Proprio tali eventi hanno fatto sì che la zona fosse, in epoca preistorica, considerata un santuario ai piedi delle montagne “incantate”.

Il nome del paese deriva dall’antico ponte sorto nel 1299 sul fiume Oglio, vicino al quale venne eretto un ricovero per pellegrini. Capo di Ponte è principalmente noto per la presenza del Parco Nazionale delle incisioni rupestri di Naquane, il maggiore della valle, che con oltre cento rocce incise testimonia, dal V millennio a. C., di tutte le fasi d’incisione. Nel borgo segnaliamo la Parrocchiale settecentesca, affrescata da Francesco Monti e Enrico Albricci, e con una pala di Francesco Paglia. Si consiglia anche la visita alla chiesa delle Santissime Faustina e Liberata per ammirare nel presbiterio l’Ascensione attribuita a Palma il Giovane. Inoltre nel centro storico del paese è possibile visitare il MUPRE - Museo Nazionale della Preistoria, ospitato nell’antico edificio di Villa Agostani. Al suo interno l’esposizione dei reperti integra il patrimonio di immagini incise sulle rocce e ricompone, in modo unitario, identità originale della Valle Camonica.

San salvatore

Di grande interesse la tappa al monastero di San Salvatore e alla chiesetta di San Siro, nella frazione di Cemmo: due gioielli dell’architettura romanica.

Ono S. Pietro

Le prime tracce di Ono S. Pietro (anticamente denominato Do o Doi e poi, Hono e Onno) risalgono alla fine del XIII secolo d.C., anche se la vicinanza all’area delle incisioni rupestri fanno supporre insediamenti umani già in epoca preistorica. Il paese si caratterizza per il bel centro storico, di origine medievale, fatto di architetture rurali in pietra locale, con porticati e ballatoi in legno, e la settecentesca Parrocchiale di S. Alessandro. La chiesa venne ricostruita tra il 1798 e il 1809 su una struttura preesistente risalente al Quattrocento. L’interno si compone di un’unica navata e custodisce una “Vergine col Bambino” di Jacopo Palma il Giovane.

Cerveno

L’aspetto tipico del borgo medievale è ciò che rende il centro storico di Cerveno peculiare: case addossate le une alle altre, vicoletti stretti, piazze minuscole, archivolti, loggiati in legno finemente intagliato e bei portali in pietra che riportano incise le date di costruzione degli edifici, risalenti al ‘400 ma ricostruiti tra il XV e il XVII sec. Qui è d’obbligo una visita allo spettacolare Santuario della Via Crucis, chiamato affettuosamente Le Capèle in dialetto camuno.

Si segnala inoltre la vicina Parrocchiale di San Martino di Tours. La chiesa, eretta nel ‘400 e completata nel '600, conserva capolavori lignei di Andrea Fantoni, come l’altare maggiore, i confessionali e varie statue, tele di Andrea Celesti e Pompeo Ghitti e pregevoli affreschi quattrocenteschi sulle pareti laterali.

Losine

Ai piedi del monte Concarena, sulle sponde del fiume Oglio, sorge Losine, piccolo borgo di origine romana. Il nucleo più antico del paese corrisponde alla contrada del Castello dove resta l’antichissima chiesetta dell’Assunta, in parte ricostruita nel XVI secolo ma risalente ai secoli XI e XII, come suggeriscono l’absidiola semicircolare e il campanile, realizzati in forme romaniche. Nell’interno il visitatore può vedere interessanti affreschi tre-quattrocenteschi che richiamano l’arte di Michelino Besozzo. Merita una visita anche la Parrocchiale nuova del Sacro Cuore, costruita fra il 1884 e il 1904, si notino qui i pregevoli affreschi cinquecenteschi che decorano l’interno, che attualmente utilizza il campanile romanico della vecchia Parrocchiale di San Maurizio. Quest’ultima, innalzata su un preesistente edificio del XII secolo, testimoniato dai resti di una torre campanaria e di una monofora, contiene affreschi del Quaglio.

Breno

Di antichissime origini, con stanziamenti attestati sin dall’età del rame, Breno è il principale centro della media valle. Il tessuto urbano è arricchito da numerose dimore signorili, come il palazzo di via Garibaldi, il Palazzo comunale, villa Gheza e casa Franceschetti, e dalle torri, come quella di Via Mazzini, dove ora ha sede la Pro Loco, e le quattro medievali, che affacciano sull’antica piazza del Mercato (l’attuale piazza Ronchi). Proprio da piazza Ronchi, salendo per circa dieci minuti, si raggiunge il castello di Breno, edificato in epoca comunale e adibito a roccaforte militare durante la dominazione veneta. Il complesso si presenta come un insieme stratificato di torri e costruzioni, di cui oggi possiamo vedere le mura di cinta merlate e resti di alcuni edifici oltre che della chiesa longobarda di San Michele; nei dintorni, ma anche sotto le vestigia dello stesso castello, sono inoltre stati scoperti insediamenti di età preistorica. Ritornati in paese si consiglia la visita alla chiesa di Sant’Antonio, fra le poche in Valle costruite in stile neogotico (fine XIV secolo), il cui presbiterio è stato affrescato nel 1535 da Girolamo Romanino, celebre artista bresciano, mentre sull’altare maggiore si trova la grandiosa pala con la Madonna e Santi di Callisto Piazza. Di grande interesse anche la seicentesca Parrocchiale di San Salvatore, rimaneggiata nel corso del secolo XIX, che si distingue per il notevole apparato decorativo dell’interno dove, a realizzazioni di artisti locali, si alternano opere attribuite ai grandi pittori dei secoli Cinque-Sei e Settecento. Solo per citare alcuni nomi diremo allora degli affreschi del Guadagnini e delle opere di scuola tiepolesca e, sul secondo altare a destra, un Compianto ligneo di Beniamino Simoni e una pala attribuita a Sebastiano del Piombo. Ai lati del secondo altare a sinistra troviamo invece una Santa Maria e una Santa Assunta del Moretto, un’Assunta del Paglia e una Natività del Bassano, e ancora, sempre a sinistra, tra il primo e il secondo altare, una Sacra conversazione del Romanino nonché, sull’altare maggiore, una pala forse dipinta da Palma il Vecchio. Si segnala infine il museo Camuno fra le cui collezioni sono esposti prodotti dell’artigianato artistico locale, dipinti di Romanino, di Lattanzio Gambara, di Giacomo Ceruti e di Giulio Carponi.

Templi di minerva

In località Spinera, in territorio di Breno, sulla sponda orientale del fiume Oglio, si trova l’importante sito archeologico del Santuario di Minerva. Costruito agli inizi del I secolo d.C, il santuario romano fu impostato su un precedente luogo di culto, frequentato dalle popolazioni indigene sin dal IV secolo a.C., e venne utilizzato fino al IV secolo d.C., quando fu distrutto da un disastroso incendio. L’edificio sacro era costituito da un corpo centrale addossato alla parete rocciosa e da due ali laterali porticate protese verso il fiume, in modo da formare un ampio cortile chiuso su tre lati. Dal cortile una gradinata saliva al pronao sporgente e consentiva l'ingresso alle celle, tutte decorate da affreschi parietali e pavimenti in mosaico. Nell’ampia cella centrale, decorata con un importante mosaico a tessere bianche e nere e arricchita da pareti affrescate con finte prospettive, era collocata una nicchia con la statua di Minerva, attualmente esposta al Museo Nazionale Archeologico di Cividate Camuno. La splendida scultura è una delle tre copie esistenti al mondo della Minerva di Pyrros, scultore greco seguace di Fidia.

Cividate camuno

Cividate Camuno fu eletta dai Romani capitale della Valcamonica col nome di “Civitas Camunnorum” a partire dal 16 a.C., anno della conquista definitiva della valle. Durante l’epoca romana, Cividate raggiunse alti tenori di vita, come testimoniano alcuni ritrovamenti tra cui tratti di strade, poste lungo la tipica struttura ortogonale, una porzione dell’acquedotto, un grande edificio termale pubblico e due edifici di spettacolo, visibili all’interno del Parco del Teatro e dell’Anfiteatro. Il teatro romano di Cividate, addossato ad una collina, venne costruito intorno alla metà del I secolo d.C. attraverso un grandioso sistema di terrazzamento. Di esso sono visibili un settore della cavea, i muri del portico alle spalle della scena, completato da due doppie scalinate alle estremità. L’anfiteatro, eretto alcuni decenni più tardi, presenta strutture alte fino a due metri, nelle quali sono evidenti il muro ellittico perimetrale, le gradinate e i muri radiali che sostenevano la cavea. Nei pressi del Parco si trova anche il Museo Archeologico Nazionale della Valcamonica, nel quale sono esposti numerosi reperti provenienti, per la maggior parte, dal territorio circostante – mosaici, lucerne, vetri, fibule, ceramiche, monete e la bellissima statua virile di eroe - e dal Santuario di Minerva di Breno, tra i quali spicca la splendida statua di culto della dea. Degni di nota, nel centro dell’abitato, anche la cosiddetta Torre Romana, in realtà una torre medievale del XII sec. Caratterizzata da linee severe e imponenti, e la Parrocchiale di S. Maria Assunta, costruita nel ‘700 sull’antica pieve, che custodisce affreschi e una pala d’altare, entrambi realizzati da Pietro Scalvini, oltre che pregevoli tele di Callisto Piazza da Lodi e di Sante Cattaneo.

Boario terme

Boario è una frazione di Darfo Boario Terme, famoso per il centro termale e la presenza delle incisioni rupestri.

Le quattro sorgenti naturali, più comunemente note come Terme di Boario, si caratterizzano per la concentrazione di diversi sali minerali, tra cui il ferro. Di particolare pregio è il padiglione dell’antica fonte, un loggiato con cupola in stile Liberty dell’architetto Amerigo Marazzi risalente ai primi del Novecento.

Archeopark

L'Archeopark di Darfo Boario Terme è un museo interattivo che permette di rivivere le nostre origini attraverso le ricostruzioni di diversi insediamenti preistorici, realizzati a fronte di profondi studi scientifici. Percorrendo il parco tematico è possibile ripercorrere 15.000 anni di storia degli antichi Camuni e, al tempo stesso, esplorare una grotta, con le riproduzioni dei graffiti incisi, o sostare in una fattoria neolitica, con il deposito degli attrezzi utilizzati dai primitivi. Si potrà entrare nelle capanne di un grande villaggio palafitticolo, tra canne palustri uccelli acquatici e ninfee, vedere la case a tronchi o risalire lungo una collina sino a un villaggio fortificato contro gli assalti. All’interno dell’itinerario vengono proposte inoltre numerose attività ludico-didattiche per farvi immergere nella vita quotidiana preistorica.

Pisogne

Intorno a Piazza Mercato si stringe l’antico abitato di Pisogne. Subito evidente è l’imponente Torre del Vescovo, fatta erigere nell’anno 1250 dal vescovo di Brescia che si staglia per 32 metri. La piazza, sulla quale si affacciano i bei portici in pietra, è chiusa dalla parte opposta dalla settecentesca Parrocchiale di S. Maria Assunta, costruita nel 1769 su disegno di Antonio Marchetti, che conserva un altare opera di Rodolfo Vantini e un organo dei Serassi di Bergamo. Degna di nota a Pisogne anche la Chiesa di S. Maria in Silvis, ricostruita nel 1490 su una preesistente pieve medievale del VIII secolo. La semplice facciata a capanna presenta un bel portale rinascimentale, mentre l’interno, a navata unica con soffitto a capriate, custodisce un pulpito ligneo di Pietro Ramus e affreschi di Giovanni da Marone, tra i quali spicca la pregevole “Danza macabra” della controfacciata.

Imperdibile è la visita a S. Maria della Neve di Pisogne, risalente al XV sec. La chiesa presenta una semplice facciata a capanna caratterizzata dal coronamento di archetti pensili e dal portale rinascimentale in pietra scolpita, sormontato da una statua della Vergine col Bambino. Sulla facciata e sul portico laterale sono visibili tracce di affreschi quattrocenteschi attribuiti a Giovanni da Marone. All’interno, lo straordinario ciclo di affreschi realizzati tra il 1532 e il 1534 da Girolamo Romani, detto il Romanino, ricopre interamente le pareti, la volta e l’arco santo. Si tratta di un unico ciclo pittorico sul tema della Passione, che originariamente si estendeva anche all’abside, dove oggi purtroppo non restano che poche tracce. La grandiosa opera del Romanino trova la sua massima espressione nell’affresco, concitato e movimentato, della Crocifissione che occupa l’intera controfacciata: la scena, caratterizzata dalla drammaticità tipica del Romanino, è affollata di figure umili e grottesche, ispirate alla gente del luogo e della quale il pittore accentua difetti e imperfezioni. E’ molto probabile che il Romanino abbia voluto in questo modo avvicinare i temi religiosi alle persone comuni, rendendole protagoniste degli episodi sacri.

Marone

A Vello, frazione di Marone, merita una visita la Parrocchiale di S. Eufemia, situata appena sopra la linea della ferrovia Iseo-Edolo, dal cui sagrato si può godere di un’incantevole vista sul lago. La chiesa, conosciuta anche come Chiesa dei Morti, risale al XV secolo ed è affiancata dal bellissimo campanile romanico, con le eleganti bifore. All’interno della chiesa, si può ammirare una pregevole tela di Ottavio Amigoni raffigurante “La Vergine col Bambino, S. Eufemia e S. Francesco d’Assisi” incorniciata da una magnifica soasa barocca in marmi policromi. L’edificio presenta una semplice facciata a capanna dove si scorgono tracce di affreschi di Giovanni da Marone, tra i quali si distingue, nel registro superiore, la splendida “Annunciazione”, datata 1489.

Prima di giungere a Marone, attraversando la località Cò de Hela o Vela, si trovano i ruderi di un’antica e grande Villa romana del I secolo d.C, della quale si possono ancora riconoscere una serie di terrazze digradanti verso il lago e un portico con nicchie destinate a contenere una serie di statue. A Marone, infine, si consiglia di vedere la settecentesca Parrocchiale di S. Martino di Tours: la chiesa, posta direttamente sul lungolago, custodisce interessanti dipinti attribuibili a Pietro da Marone e alla scuola del Romanino.

Sale Marasino

Giunti a Sale Marasino merita una sosta la bellissima Parrocchiale di S. Zenone, che si erge maestosa sul lungolago e alla quale si accede dallo scalone ottocentesco. L’edificio, progettato da G. B. Caniana (1737-54) su pianta a croce greca, è impreziosito da opere pittoriche di Giovanni Zanardi e Francesco Monti e dalla pala di Pompeo Ghitti sull’altare maggiore; inoltre conserva tele di Grazio Cossali e una pala di Pier Maria Bagnadore in sagrestia. Addossati alla Parrocchiale notiamo l’antica pieve, internamente affrescata da Domenico Voltolini, e il campanile romanico. Inoltrandoci verso il centro incontriamo le numerose dimore signorili fra le quali segnaliamo, per importanza, il Palazzo Averoldi, poi Giugni (sec. XV-XVI) e la Casa Dossi, poi Mazzucchelli. Degno di nota anche la quattrocentesca chiesa di San Antonio Abate, ad aula unica con affresco del Santo (XV sec.) e pittura di Antonio Guadagnini; accanto ad essa si innalza un campanile di linee romaniche.

Montisola

Un Monte in mezzo al lago separa la sponda bresciana da quella bergamasca: approdiamo a Montisola, l’isola lacustre più grande d’Europa. Tre borghi, Porto Siviano, Carzano e Peschiera, si sviluppano sulle coste dell’isola dove è possibile fare un salto indietro nel tempo e ritrovare alcune delle attività tradizionali legate alla pesca e all’agricoltura; in particolare a Peschiera, oltre alle reti da pesca, produzione caratteristica di tutta l’isola, si costruiscono ancora i "naecc", le tipiche barche usate dai pescatori del luogo. Addossate ai versanti del monte si trovano inoltre 11 frazioni costituite da piccoli gruppi di case, sparse fra oliveti, castagni, boschi e vigneti. A 600 metri d’altezza, sul punto più alto dell’isola, sorge il santuario della Madonna della Ceriola, dal quale si può godere di una meravigliosa panoramica del lago. Costruito nel XIII secolo ma rifatto nel XVI, l’edificio conserva una pregevole scultura lignea cinquecentesca, un Ecce Homo, forse attribuibile a Giovanni da Marone, e una Morte di San Giuseppe di Antonio Paglia. Piccola curiosità: a Montisola è possibile girare solo con l’ausilio di pulmini di linea, motorini e biciclette, il che contribuisce a mantenere intatto il fascino e le peculiarità di questi luoghi.

Iseo

Località dalla spiccata vocazione turistica, Iseo combina il fascino dell’antico borgo alla piacevolezza e bellezza del lungolago e dei dintorni. Passeggiando per gli stretti vicoli del centro storico si giunge alla piazza principale, Piazza Garibaldi, nel mezzo della quale si trova il primo monumento italiano dedicato all’eroe dei due mondi. Dalla piazza, circondata dai portici e dalle splendide dimore signorili, si sale al Castello Oldofredi, del XII secolo, delimitato dalle massicce torri angolari che ne caratterizzano l’aspetto. La struttura esterna del castello appare pressoché intatta, con tracce del ponte levatoio e delle feritoie, mentre le soluzioni dell’interno hanno subito modifiche durante i secoli XVI e XVIII quando, acquisito dai Frati Cappuccini, l’edificio venne adattato a convento. Tornando verso il centro si incontra la Chiesa di S. Maria del Mercato, sorta nel XIV sec. come cappella privata degli Oldofredi e rimaneggiata nel XVIII sec. All’interno si possono ammirare notevoli affreschi databili tra il ‘300 e il ‘500.

Poco distante si trova la magnifica Pieve di S. Andrea eretta durante il XII sec, riconoscibile per le linee romaniche e il bellissimo campanile posto proprio al centro della facciata. All’interno, completamente rifatto in stile neoclassico dall’architetto Rodolfo Vantini all’inizio dell’800, si possono osservare gli affreschi di Giuseppe Teosa nell’abside, gli affreschi di Angelo Inganni ai lati del presbiterio e la mirabile pala di Francesco Hayez raffigurante “L’Arcangelo Michele”. Si noti come sullo stesso sagrato della Pieve si affaccino altre due chiese: la Chiesa di S. Giovanni Battista, in stile barocco, costruita nel ‘700 sui resti dell’antico Battistero, e la Chiesetta di S. Silvestro, detta anche Oratorio dei Disciplini, eretta nel XIII sec. su una preesistente cappella, che conserva ancora l’abside duecentesco e una pregevole “Danza macabra” quattrocentesca.

Clusane

Per gli amanti della buona cucina è d’obbligo una sosta a Clusane, tipico paese di pescatori, dominato dall'imponente Castello detto “del Carmagnola”. Nonostante l’origine del castello sia trecentesca, e legata alle vicende della famiglia Oldofredi, l’edificio è così chiamato perché nel 1428 venne donato da Venezia al Condottiero Francesco Bussone, detto il Carmagnola, in cambio dei servizi resi alla Serenissima. Nel corso del XVI sec, con la scomparsa dei merli e l'aggiunta dell'elegante loggetta affrescata, venne trasformato in dimora signorile.

Lungo la suggestiva passeggiata in riva al lago è possibile vedere ormeggiate le barche dei pescatori che vengono tutt’ora utilizzate. Nelle vecchie osterie, oggi trasformate in accoglienti ristoranti, si gustano i genuini sapori del lago, cucinati secondo le ricette di una volta: sardine alla griglia, aole in carpione, filetti di pesce persico, ma soprattutto la tinca ripiena al forno con polenta, piatto squisito per cui Clusane si è guadagnato il titolo di capitale enogastronomica del lago d’Iseo. Ecco i segreti che faranno di Clusane una tappa indimenticabile.

Paratico

A Paratico si erge, in posizione sopraelevata rispetto al paese, l’antico Castello (XIII sec.) della famiglia Lantieri, del quale restano ancora la cerchia di mura e una torre. Degne di nota sono anche la Parrocchiale di S. Maria Assunta, costruita a fine ‘800, dal cui sagrato si può vedere tutta la parte meridionale del lago d’Iseo e il punto dal quale fuoriesce il fiume Oglio; e la Chiesa di San Pietro, detta anche Madonna del Buon Consiglio, di origini quattrocentesche.

Palazzolo sull'Oglio

Continuando il nostro percorso arriviamo a Palazzolo sull'Oglio. Si tratta dell’unico centro urbano sviluppatosi su entrambe le sponde del fiume che, in origine, appartenevano a due borghi opposti - Riva e Mura- le cui cinte fortificate sono oggi quasi del tutto scomparse ad eccezione della Rocha Magna e del torrione di San Giovanni sulla sponda destra. L’antico borgo è abitato sin dall’epoca romana, passando poi sotto il potere degli Scaligeri, dei Visconti e della Repubblica di Venezia.

L’abitato di Palazzolo sull’Oglio è dominato dalla Torre del Popolo, torre cilindrica alta quasi 100 metri, costruita agli inizi dell’800 sulla base di una delle torri dell'antico Castello medioevale. Del Castello, risalente al IX-X sec, detto anche Rocca Magna, restano l’imponente cinta muraria, il profondo fossato e i resti del ponte levatoio. Sulla piazza principale si affaccia la Parrocchiale di S. Maria Assunta, costruita su progetto dell’architetto Giorgio Massari intorno alla metà del XVIII secolo. L’interno, affrescato da Pietro Scalvini custodisce un polittico di Vincenzo Civerchio (“La Vergine e Santi”), e importanti dipinti di Grazio Cossali e di Pompeo Batoni. Sulla stessa piazza si affacciano anche l’antico Palazzo Comunale, ora sede di una banca, risalente al secolo XII che presenta due interessanti bifore con capitelli alto-medievali, e la Pieve, oggi adibita ad Auditorium. La Pieve altomedievale, rifatta del XV sec, presenta due bellissimi portali rinascimentali, uno dei quali preceduto da un elegante portichetto, e conserva al suo interno strutture delle due chiese precedenti: la prima del IX sec. e la seconda del XII sec, nonché dipinti di Pietro da Marone e di Antonio e Giulio Campi.

Pontoglio

Il nucleo più antico di Pontoglio si stringe intorno alla Parrocchiale di S. Maria Assunta, realizzata nel XVIII sec. su progetto di Domenico Corbellini, che custodisce al suo interno due tele di Pietro Ricchi, detto il Lucchese, e l'organo realizzato dalla famiglia Serassi.

Nei pressi di Pontoglio si svolse nel 1191 la battaglia detta della “Malamorte”, in quanto nel corso degli scontri tra le truppe bresciane e quelle alleate di bergamaschi e cremonesi, quest’ultime furono travolte dal crollo di un ponte provvisorio ed annegarono in gran numero schiacciate dal peso delle armature. Sconvolto dalla crudeltà del fatto, uno dei comandanti bresciani, Obizio da Niardo, si ritirò in eremitaggio all’interno dell’ortaglia del Monastero di santa Giulia dove morì in odore di santità.

Urago d'Oglio

Il centro storico di Urago d’Oglio, di spiccata impronta medievale, si raccoglie intorno all'antico Castello fatto costruire dai Martinengo nel corso del XV sec. Nato come luogo di difesa dei ponti, dei guadi e dei porti sul fiume Oglio, doveva servire anche da dimora signorile della famiglia. L'ingresso è costituito da una torre in mattoni, su cui si trovano quattro finestre con arco a tutto sesto e tre feritoie per il ponte levatoio; al di sopra dell'arco è riprodotta l'aquila simbolo della famiglia Martinengo. Accanto alla torre d'ingresso, si scorge la base di una torre quadrata con mura molto grosse, ora incorporate all'edificio. La parte sud-occidentale ha l'aspetto del palazzo seicentesco, mentre quella orientale si presenta meno rimaneggiata. Attraversando l'ingresso, si passa in due cortili, uno dei quali di epoca rinascimentale, con un bel porticato, sulle cui colonne sono scolpiti gli stemmi dei Martinengo, dei Colleoni e dei Bornati. Nonostante le numerose modifiche, oggi è possibile osservare ancora tracce della struttura originaria, tra cui il mastio con le feritoie del ponte levatoio, mentre dell'antico borgo medievale restano portici e loggiati di epoca rinascimentale. All’interno del borgo, merita una visita anche la Parrocchiale di S. Lorenzo Martire, costruita nel XV sec. ed ampliata nei secoli successivi, che presenta pregevoli affreschi realizzati da Vittorio Trainini.

Rudiano

Seguendo il corso del fiume Oglio, si entra nel centro storico di Rudiano, piccolo borghetto dall’anima medievale. Da vedere la seicentesca Parrocchiale dedicata alla Natività di Maria, che preserva una pregevole tela di Sante Cattaneo, e la Chiesetta di S. Martino di Tours, di origini antichissime, al cui interno sono custoditi notevoli dipinti di Pietro Scalvini. Dietro la chiesa, un’area suggestiva circonda la zona del Castello che si affaccia direttamente sulla valle del fiume.

Orzinuovi

Situato in posizione strategica vicino al fiume Oglio, Orzinuovi conserva l'impronta di cittadella fortificata voluta dalla Serenissima. Già a partire dal 1477 Venezia trasformò l'abitato medievale, esistente già dal XII sec, in vero e proprio borgo fortificato, ma solo nel 1520 affidò all'architetto Sanmicheli il compito di renderlo una fortezza inespugnabile. La piazzaforte assunse così la caratteristica forma a stella, munita di baluardi e torrioni, circondata da mura e da un profondo fossato. Delle fortificazioni militari di età veneta, smantellate nel corso del XIX sec, restano oggi parti di mura perimetrali e la Rocca di S. Giorgio, con la torre merlata e il bel portale d'ingresso che si affaccia su piazza Garibaldi. Della grandiosa fortezza si conservano anche due porte: la porta di S. Andrea, limitrofa alla Rocca, progettata dallo stesso Sanmicheli, recante la statua del Santo sul lato della piazza e il Leone di S. Marco sull'altro, e la porta di S. Giorgio, che venne inglobata nel 1836 nel muro perimetrale della Chiesa di S. Maria Addolorata. Sulla centrale piazza Garibaldi di Orzinuovi si possono ammirare anche l'antico Palazzo Comunale, che presenta in facciata due bei portali rinascimentali, un bassorilievo col leone di S. Marco e una meridiana affrescata, e la Parrocchiale di S. Maria Assunta, di origine trecentesca, ma ristrutturata nel XVI e nel XIX sec, che custodisce "L'incoronazione della Vergine" di Pier Maria Bagnadore.

Soncino

A pochi chilometri da Orzinuovi sorge il borgo fortificato di Soncino, la cui Rocca è fra le più importanti e meglio conservate della Lombardia. Costruita tra il 1473 ed il 1475, per volere di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano è situata dove sorgeva la rocca medievale. Edificata ex novo, in un periodo in cui gli edifici militari subirono profonde trasformazioni dettate dalle nuovi armi e dalle nuove strategie belliche, venne dotata di ponti levatoi, rivellini, spalti merlati, caditoie, torri e prigioni sotterranee. Nel centro storico è possibile inoltre visitare il museo della stampa, che celebra la straordinaria tradizione editoriale locale.

Barco

In località Barco, frazione di Orzinuovi, si trova il Castello Martinengo, che sorge su una piccola altura nei pressi del fiume Oglio. Costruito nel 1463 da Giovanni Francesco Martinengo da Barco sulle rovine di un precedente fortilizio, conserva ancora il suo aspetto austero e imponente, nonostante i molti rimaneggiamenti subiti nel tempo. Del Castello, che non ebbe mai fossato né ponte levatoio, sono ancora visibili una torre angolare e, all’interno, nonostante i gravi danni derivati dall'uso improprio degli ambienti, si è conservato un ciclo di dipinti di Sebastiano Aragonese con temi allegorici, oggi oggetto di un attento recupero.

Bompensiero

In frazione di Villachiara, incontriamo Bompensiero che domina la grande ansa disegnata dal fiume Oglio. Qui vi segnaliamo il complesso architettonico conosciuto come Beleò, quattrocentesco palazzo di caccia dei Martinengo, poi trasformato in edificio rurale. Pare che il nome originario, Fontana Billiò, derivi da Fontainebleau, il celebre castello francese, probabilmente noto ad alcuni Martinengo che avevano reso importanti servigi ai Re di Francia. All’interno del palazzo si conservano alcuni affreschi dei Campi.

Villagana

Arrivati a Villagana, un piccolo agglomerato lievemente rialzato sempre in territorio di Villachiara, troviamo un altro castello eretto dai Martinengo, di origine medievale, edificato su un’altura degradante verso l'Oglio. Oggi l’edificio presenta le caratteristiche della tipica villa fortificata, sorta forse a difesa di un antico guado sul fiume. I restauri infatti, condotti agli inizi del '900, hanno fortemente alterato la struttura originaria di cui rimangono il porticato del XVI secolo, la torretta quadrata sull’angolo sud-est con l’insegna di San Marco e il basamento del corpo ad ovest.

Acqualunga

Continuando il nostro percorso giungiamo ad Acqualunga, frazione di Borgo San Giacomo. Di particolare interesse è il palazzo settecentesco Fé d’Ostiani, completamente immerso nel parco che degrada verso il fiume Oglio. L’edificio è dotato di due ali a due livelli e un corpo centrale di tre piani. Sempre in zona, vi suggeriamo una sosta presso il Palazzo della Volta, costruito dalla famiglia degli Emili nel settecento sui resti del preesistente castello medievale. Vi segnaliamo inoltre il museo Ornitologico, centro di importanti studi e di osservazione per monitorare i volatili durante il periodo della migrazione.

Quinzano

Da vedere a Quinzano d’Oglio la bella Parrocchiale dei SS. Faustino e Giovita, di origini quattrocentesche, ma rifatta nel ‘600 in stile barocco, e l’antichissima Pieve di S. Maria Assunta, ora chiesa del cimitero, risalente al X sec, che conserva interessanti affreschi quattro e cinquecenteschi.

Monticelli d’Oglio

Arrivando a Monticelli d’Oglio, frazione di Verolavecchia, si può notare come il piccolo borgo ruoti attorno a Palazzo Greppi-Gironda, splendida corte rurale seicentesca, dove tutti gli edifici si affacciano su un'unica enorme piazza. Il complesso architettonico, unico nel suo genere, è porticato su tre lati ed è costituito da case coloniche, magazzini, dalla chiesa e dalla villa padronale. La dimora signorile, preceduta da un cortile con bel portale barocco, presenta un portico affrescato sovrastato da un bel balconcino in ferro battuto.

Monasterolo

A Monasterolo, frazione di Robecco d’Oglio, vi segnaliamo i resti del castello, risalente all’anno 1000, di cui oggi sono visibili solo tracce del torrione e villa Grasselli.

Robecco d’Oglio

Le prime tracce di insediamento a Robecco risalgono già all’età preistorica, testimoniati da alcuni ritrovamenti, principalmente suppellettili e scodelle.

Tra i luoghi di interesse ricordiamo la Torre, la Chiesa dei Santi Giuseppe e Biagio risalente al 1895 e Villa Barni Della Scala, ora sede del Municipio con il suo parco storico risalente al 1600.

Pontevico

L’abitato di Pontevico è compreso tra l’antico borgo medievale e l'imponente Castello di stile neogotico adagiato sulle rive del fiume Oglio. L'antico Castello, eretto nel XI secolo, ebbe un posto di primo piano nelle varie controversie per il controllo del ponte e del porto durante il dominio veneto, subendo assedi (famoso quello del 1521 condotto da Giovanni delle Bande Nere e ricordato in un dipinto oggi a Palazzo Vecchio di Firenze), conquiste e numerosi rifacimenti. Dopo la Pace di Cambrai (1720) e la caduta della Serenissima, la sua importanza strategica andò via via scemando, provocando una lunga serie di trasformazioni che ne cancellarono le forme originarie. Agli inizi dell'800 fu comperato una società che lo trasformò in una fonderia; nel 1843 passò al nobile austriaco Von Kevenhuller, che lo ricostruì completamente nelle attuali forme; nel 1901, infine, fu acquistato dal parroco di Pontevico, mons. Cremonini, che ne fece un frenocomio per malati di mente. Da vedere la Parrocchiale dei SS. Tommaso e Andrea Apostoli, di origini quattrocentesche, ma rifatta nell'800, che conserva importanti tele di Grazio Cossali, Antonio Paglia e Antonio Gandino. Nei pressi del centro storico di Pontevico è possibile visitare un antico maglio ad acqua ancora in funzione, dove un artigiano locale produce vanghe, zappe ed altri attrezzi agricoli. In territorio di Pontevico, infine, si trova anche la splendida cascina La Palazzina, interamente realizzata in mattoni rossi in cotto. Il bellissimo complesso architettonico venne realizzato nel ‘500 come luogo di villeggiatura e di residenza e presenta un portico rinascimentale, due grandi portali d’ingresso e una guardiola angolare con feritoie. All’interno vi sono sale decorate con stucchi e affreschi di scuola cremonese.

Seniga

Nei pressi dell’antico castello, appena fuori dal paese, vi consigliamo una sosta per ammirare villa Fenaroli. L’edificio, costruito per volontà dei nobili Poncarali alla fine del Seicento, si compone di un insieme di strutture. All’ingresso, un importante portale fiancheggiato da colonne in stile jonico permette l’accesso alla strutture, mentre alle spalle il visitatore può godere di un’incantevole vista fiume. Il terreno discendente ha permesso la costruzione di un giardino terrazzato che termina in un parco con piante secolari. 

Regona e la sua pieve

A Regona degna di nota, vi segnaliamo la pieve di Santa Maria di Comella. Il nome deriverebbe da Caput Mella, alla testa di Mella, la cui foce è a qualche centinaia di metri. L’edificio, eretto nel XIII secolo dai benedettini dell’abbazia di Leno, si caratterizzava per una struttura tipicamente romanica, oggi ancora visibile nella conformazione strutturale possente con archetti pensili e nell’utilizzo del cotto locale. La pianta è a tre navate suddivisa da pilastri circolari con capitelli cubici, ricordando lo stile cremonese e pavese. All’interno si può ammirare un affresco della Madonna del Latte risalente al Quattrocento che decora l’altare e scendere nella cripta a volte e colonne. La pieve, circondata da un parco dedicato alla Madonna, fa parte di un complesso rurale con cascina tipico della pianura.

Ostiano

Ostiano sorge sulla riva sinistra della valle dell'Oglio, unico comune della provincia di Cremona, insieme a Volongo, ubicato oltre il fiume; da sempre zona di confine, sintetizza nel dialetto, nelle tradizioni e nella sua antichissima storia le caratteristiche delle tre province che qui si incontrano: Mantova, Cremona e Brescia.

Dopo essere stato oggetto di aspre contese tra varie signorie, nel 1414 entrò a far parte dei domini dei Gonzaga.

Da visitare vi consigliamo il castello gonzaghesco, edificato nel XVI secolo sui resti di una precedente struttura difensiva. Dell'antica struttura si conservano il torrione orientale, l'androne d'accesso ed una parte della cortina muraria. Circondato un tempo da un ampio fossato, costituiva l'elemento cardine del sistema difensivo, insieme alle due porte che chiudevano l'ingresso al borgo, una a Nord, la Porta Spinata tuttora esistente, ed una a Sud, la Porta della Valle demolita alla fine dell'Ottocento. All'interno del castello si conservano altre due pregevoli strutture: il palazzo cinquecentesco con la sinagoga ed un piccolo teatro ottocentesco, recentemente restaurato. Sull'intero complesso sono leggibili le tracce dei numerosi interventi successivi.

Oltre al castello, merita una sosta la parrocchiale di San Michele. L’edificio, tardo cinquecentesco, si compone di un’unica navata e cappelle laterali riccamente adornate, nella quali si possono ammirare alcune pregevoli opere pittoriche di Andrea Mainardi detto il Chiaveghino.

Fontanella Grazioli

Il piccolo paese di Fontanella Grazioli è l’ultimo al confine con Cremona e Brescia, per questo anticamente chiamato "Fontanella Mantovana". Il nome attuale è in ricordo e omaggio a don Bartolomeo Grazioli, martire di Belfiore.

Vi suggeriamo una visita al Santuario della Malongola, la cui costruzione iniziò verso la fine del 1200. Edificato nel XIII secolo a navata unica con capriate e con un campanile sormontato da un cono. All'interno sono presenti alcuni importanti affreschi, Madonna in trono col Bambino e i Santi Cristoforo e Francesco. La tradizione vuole che durante il medioevo un contadino, di ritorno dal lavoro dei campi, scorgesse tra la melma di un corso d'acqua (la Malongola) il quadro della Vergine. In quel punto, gli abitanti di Fontanella costruirono l'edificio religioso.

Isola Dovarese

Isola Dovarese è un borghetto che si trova su un piccolo terrazzamento a forma di goccia, proteso nella golena del fiume Oglio. Questa posizione ha favorito sin da subito l’insediamento e ha portato Isola Dovarese ad diventare un punto di approdo per le imbarcazioni. Alla fine del IV secolo d.C. fu costruita una grande villa tardo imperiale, leggermente spostata dall'attuale centro abitato, su una posizione ancora più elevata. Oggi, di quella imponente costruzione, sono rimaste le fondamenta e alcune tracce dei materiali da costruzione. Nel 1414 Isola passò sotto il dominio dei Gonzaga, ai quali si deve la scenografica piazza Matteotti, realizzata da Giulio Brunelli, le cui dimensioni considerevoli e la centralità ne fanno uno degli esempi più importanti dell'architettura rinascimentale gonzaghesca. La struttura si caratterizza per la lunga schiera di portici che incornicia il voltone posto al centro. Sul lato sinistro si trova il palazzo Pretorio, attuale sede del comune. Sul lato opposto il Palazzo della Guardia, ora rinomato ristorante. Le dimensioni della piazza ricalcano quelle dello spiazzo che un tempo fronteggiava un insediamento militare fortificato di fondazione romana. 

Attraversando il portale ad arco si entra nella contrada di Porta Tenca e poco più avanti si incontra la chiesa parrocchiale di S. Nicola da Bari (protettore delle acque), risalente al XVIII secolo. All'interno della chiesa si possono ammirare notevoli dipinti, tra cui "l'Annunciazione" attribuita ad Altobello Melone e "l'Ecce Homo" di Bernardino Campi, sull'altare che porta ai vertici le insegne dei Gonzaga.

Torre de’ Picenardi

Borgo nel cremonese, Torre de’ Picenardi prende il nome dall’omonima famiglia nobile che si stabilì qui dal 1300 sino al XX secolo. Il paese nasconde alcuni luoghi che vale la pena di visitare, tra cui: Villa Sommi Picenardi e il castello di S. Lorenzo.

Villa Sommi Picenardi è immersa nella campagna cremonese e deve il suo nome, così come quello del Comune e alcune località limitrofe ai Sommi Picenardi, nobile e antica famiglia lombarda. Il nucleo più antico è costituito dagli edifici della parte sinistra, zona detta “il castelletto” con l’antica torre alla ghibellina di probabile origine medievale; nel 1526 tutta la proprietà passa definitivamente ad Antonio Maria Picenardi e alla sua famiglia che la manterrà fino agli anni ’50 del ’900. Dopo aver superato il ponte levatoio, si entra nel grande cortile principale della villa, con i due grandi torrioni principali che ricordano l’antica residenza castellana a scopi di difesa.

Il corpo principale, nonché ingresso nobile agli appartamenti e ai saloni principali della villa, venne ampliato nell’800 con l’aggiunta del corridoio con i tre grandi archi, su progetto di Faustino Rodi. Di fronte alla porta d’ingresso campeggia una grande statua di Minerva con un grande stemma della famiglia Sommi Picenardi. Il locale certamente più famoso di tutta la villa Sommi Picenardi e la Bibliopinacoteca, costruita a partire dal 1817 dall’architetto Luigi Voghera per conservare l’importantissima e pregevole raccolta di dipinti, volumi, stampe, antichi manoscritti, libri rari, oggi purtroppo perduti. La villa è sempre stata famosa storicamente per il suo parco, nell’ XIX secolo uno dei giardini più famosi e conosciuti di tutta Italia. La maestosa facciata laterale della villa rivolta verso la piazza, opera settecentesca di Faustino Rodi, porta al centro del timpano il grande stemma araldico della casata Picenardi con tutti gli stemmi delle famiglie con essa imparentate sostenuta da due leoni sforzeschi.

Il castello di S.Lorenzo, documentato a partire dal XV ma di origine probabilmente più antica, sorge all’interno del grande parco che lo circonda.

L’attuale aspetto del castello di san Lorenzo è il frutto di varie fasi edilizie, la più importante delle quali svoltasi nel XIX secolo, per mano dell’architetto Luigi Voghera, molto conosciuto all’epoca. L’elemento principale nel progetto di San Lorenzo del Voghera, fu la creazione dell’imponente facciata, caratterizzata da torri merlate di grande impatto scenografico e di richiamo medievale. Al contrario della parte esterna, le sale interne sono decorate in stile neoclassico, con continui richiami alla tradizione greca e romana.

Voltido

A Voltido, in provincia di Cremona, vi consigliamo una breve sosta per ammirare la parrocchiale del paese. Intitolata a S. Michele, la chiesa è frutto di un rifacimento di fine Ottocento e conserva al suo interno una statua tardo rinascimentale.

Solarolo Rainiero

Arrivato a Solarolo concedetevi una pausa per visitare l’antica parrocchiale di S. Stefano. La chiesa, in seguito ad un restauro che le ha conferito linee neoclassiche, conserva opere pittoriche di rilievo, tra le quali vi segnaliamo le due tavole di Galeazzo Campi, raffiguranti la “Madonna col Bambino” e “Tre Santi”. Inoltre, vi consigliamo di sostare davanti all’odierno municipio, ospitato nella Villa Zaccaria, un classico esempio di villa ottocentesca caratterizzato da una facciata lineare e sobria.

San Giovanni in Croce

Il paese di San Giovanni in Croce è rinomato per la presenza della straordinaria Villa Medici del Vascello, costruita nel 1407 dalla famiglia Fondulo sulle rovine dell’antico castello. Ai lati, ben visibili, le antiche torri merlate definiscono la facciata, mentre guardandosi attorno si può ammirare l’enorme parco in cui la villa è immersa. Qui sono stati disposto alcuni edifici particolari ed esotici, come le rovine gotiche, la pagoda cinese e due antichi templi indiano e dorico. La villa è conosciuta anche per la figura di Cecilia Gallerani, più nota come “La Dama con l’Ermellino” ritratta da Leonardo da Vinci tra il 1488 e il 1490, che abitò proprio in queste sale.

Casteldidone

A Casteldidone è d’obbligo una visita a Villa Mina della Scala Douglas Scotti, conosciuto anche come Castello Schizzi. Come testimonia una lapide murata, l’edificio risalirebbe al 1569 e fu commissionato da Ludovico Schizzo. Si tratta di una struttura peculiare ed unica in quanto unisce l’elemento abitativo all’aspetto di una rocca. Le due torri che fiancheggiano la facciata con le due gemelle al retro, le garrite sopraelevate per la difesa formano un tutto armonico da farne un elemento tipico dell'architettura del trecento e del quattrocento. Gli ambienti interni presentano raffinati affreschi settecenteschi riproducenti amorini, putti, scene mitologiche, stemmi delle casate e allegorie delle quattro virtù (prudenza, giustizia, temperanza, fortezza) care alla casa Schizzi.

Rivarolo mantovano

Imperdibile è il fascino rinascimentale di Rivarolo Mantovano dato dalla presenza dei Gonzaga che iniziarono il dominio del paese dal 1400, quando i rivarolesi si sottomisero volontariamente alla famiglia. In seguito all’intervento di Vespasiano Gonzaga, il centro storico fu trasformato in una cittadella signorile: una cinta muraria quadrilatera dotata di torrioni circolari avvolge il borgo. Porta Mantova, Porta Parma e Porta Brescia sono i tre ingressi storici del paese, che costituiscono una suggestiva continuità con la cinta muraria (interamente merlata). Le tre porte, simili nell’aspetto, hanno una struttura tipicamente difensiva, con due torrioni semicircolari ai lati, con feritoie ad altezza d’uomo al pian terreno, feritoie al secondo piano ed in alto per la guardia protetto da fregi merlati e da tetto in cotto. L’interno delle Porte era abitato dal custode che aveva il compito di chiudere il portone in legno nelle ore notturne. Questa pratica alquanto suggestiva, si è mantenuta sino ai primi decenni del novecento. In tempi più recenti i torrioni sono stati abitati da famiglie rivarolesi fino gli ultimi anni del secolo scorso, successivamente sono diventati sede di associazioni culturali e sportive locali, attualmente sono state rese fruibili e visitabili al pubblico e sede di allestimento di esposizioni e mostre di vario genere.

Il borgo si sviluppa su un reticolato ortogonale in cui spicca la scenografica Piazza Giuseppe Finzi, un tempo chiamata "Piazza grande". A nord troviamo palazzo pretorio, a sud Palazzo Penci e sui fianchi fanno cornice ampi portici. Si nota sul lato Est la parte più antica del corso dei portici riconoscibile per le colonne tozze e gli archi ribassati, dove si trova anche la Sinagoga. Riconoscibile per il caratteristico e grottesco portico in bugnato, Palazzo Penci chiude la piazza a sud. Al centro l'ingresso principale porta alla loggia e allo scalone d'onore ora inglobati in vani abitati. Al piano superiore si trova il teatrino di corte e amplissime sale che furono spogliate durante l'occupazione napoleonica.

Rivarolo del Re

A Rivarolo del Re vi consigliamo una vista a Villa La Todeschina, edificata dalla famiglia Negri e poi passata ai Longari Ponzone. L'edificio presenta un corpo allungato disposto su un solo piano, la facciata lineare presenta bugne angolari, con un portale centrale e finestre laterali architravate. L’architettura ingloba inoltre fra le proprie mura un torrione a beccatelli presumibilmente parte di una fortezza quattrocentesca. Di particolare interesse anche la parrocchiale di S. Zenone costruita nel XVIII secolo al cui interno si trovano alcune opere pregevoli, tra le quali una rappresentazione della “Madonna” di Ghislina e Giorgio Anselmi; e la “Gloria di S. Zeno” sull’altare maggiore.

Sabbioneta

Nel 1496 Ludovico Gonzaga scelse Sabbioneta quale propria residenza, trasferendo qui nel 1520 la corte. Egli diede il via alla ristrutturazione della rocca e della chiesa di San Biagio, divenuto il pantheon della famiglia. In seguito, il nipote Vespasiano, nel 1556 diede una nuova conformazione all’abitato, seguendo i più moderni principi dell’umanesimo civile. In questo periodo vennero inoltre introdotte le mura con bastioni pentagonali, venne fatto innalzare il vallo e, in un secondo momento, vennero costruite le due piazze principali rettangolari.

All’interno della cinta muraria si trovano eccellenti esempi di architettura, tra cui Palazzo Ducale, Palazzo Giardino e Teatro all’Antica, che meritano una sosta.

Camminando nel cuore del centro storico ci si imbatte nella piazza Ducale o piazza Grande, a ovest della quale si trova palazzo Ducale, realizzato dai cremonesi Antonio della Torre e Niccolò della Noce a partire dal 1561. Rimangono solo alcune tracce della sfarzosità originale dell’edificio: sulla facciata lacunosi frammenti di affreschi e all’interno poco o niente del mobilio originale. Una campagna d’interventi degli anni Trenta del Novecento, nel progetto di trasformalo in un museo, ha determinato un restauro razionalista con la conseguente sostituzione di pezzi originali e ridistribuzione degli spazi.

Eccellenza architettonica del manierismo è il Teatro all’Antica progettato da Vincenzo Scamozzi tra il 1588 e il 1590. All’esterno presenta un’architettura raffinata che si compone di due ordini con la scritta in latino “Roma quanta fuit ipsa ruina docet” a segno di una dichiarata ispirazione classica. All’interno eleganti colonne corinzie reggono una trabeazione sormontata da statue rappresentanti divinità dell’Olimpo.

Degna di nota è anche la Chiesa dell’Incoronata, costruita tra il 1586 e il 1588 sulle rovine di San Niccolò e fatta demolire da Vespasiano Gonzaga. Al suo interno è collocato il monumento funebre di Vespasiano, realizzato nel 1592 da Giovanni Della Porta.

Ponte di barche di Torre d’Oglio

Dal 1750 al 1926 il fiume Oglio si attraversava con zattere e battelli a pagamento. Nel 1913 l’ingegnere Arrivabene progettò un ponte in chiatte su unico approdo che, a causa dello scoppio della prima guerra mondiale, non fu realizzato fino al 1926. Nel 1945 fu bombardato e alcune barche affondarono ma il ponte fu risistemato e a settembre riaperto. Un tempo il ponte veniva spostato a livelli di approdo sempre più alti per assecondare il livello del fiume. Recenti lavori di ammodernamento collocano stabilmente il ponte in corrispondenza del quarto approdo.

Parco canale Bogina

Il canale Bogina fa parte del "Parco Regionale Oglio Sud" e costituisce il tratto terminale del canale Navarolo, a partire dal Comune di Commessaggio per terminare in Oglio in corrispondenza della paratoia posta nella frazione di Bocca Chiavica, dopo un percorso di 6039 m. L'area altimetricamente più depressa delle province di Mantova e Cremona ha visto il succedersi di frequenti e talvolta devastanti esondazioni dei fiumi Po e Oglio. Dopo una serie di interventi si è arrivati al progetto di incanalamento delle acque interne. Uno degli elementi principali di questa rete di canali è rappresentata per l'appunto dal canale Bogina. Dal punto di vista faunistico e della vegetazione il canale Bogina ospita ambienti di particolare pregio nel monotono paesaggio agricolo di pianura. In particolare, il susseguirsi di aree naturali non interrotte da coltivazioni né da strade rende il canale Bogina un autentico "corridoio ecologico", dove si creano situazioni molto favorevoli per gli animali selvatici. Percorsi segnalati si snodano lungo gli argini del canale e consentono delle piacevoli escursioni alla scoperta della fauna locale, ma anche antichissimi insediamenti rurali e pregevoli manufatti idraulici.

San Matteo delle chiaviche

San Matteo delle Chiaviche è una piccolo e grazioso paese solcato da alcuni canali di scolo delle acque (detti “chiaviche”, da qui il nome), che alimentano la centrale idroelettrica, perno di collegamento tra gli argini dei fiumi Po e Oglio. Il complesso racchiude l'ex centrale termoelettrica e l'edificio delle chiuse. La maestosità dell'impianto e la sua valenza architettonica, sono aumentati dalla sua funzionalità che crea un interessante luogo di visita.

Marcaria

Il comune di Marcaria, secondo per estensione nella provincia di Mantova, si trova in un bassopiano a sinistra del fiume Oglio. Vi consigliamo di fare tappa presso la Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista. L’edificio ha origini antiche, forse risalente già all’anno 1033, e presenta una pianta rettangolare con tre absidi romaniche e la facciata tardo-gotica. All’interno conserva una tela di Giandomenico Cignaroli.

Il territorio di Marcaria è noto anche per la presenza della riserva naturale Torbiere di Marcaria, una piccola zona umida racchiusa entro un vecchio tracciato fluviale oggi abbandonato. Negli ultimi anni quest’area ha assunto una notevole rilevanza ornitologica per l’insediamento di colonie di aironi e altri volatili che qui hanno trovato le condizioni ideali per la nidificazione. 


Approfondimento: 
La Guerra Bianca
Durante la Prima Guerra mondiale, lungo il fronte italo-austriaco, che attraversava i gruppi montuosi dell’Ortles-Cevedale e dell’Adamello-Presanella, ad oltre 3000 metri quota, le truppe del regno d’Italia e quelle dell’Impero austro-ungarico combatterono una guerra tipicamente alpina. I nostri soldati, così come i loro nemici, per oltre tre anni e mezzo dovettero sopravvivere in condizioni ambientali estreme - valanghe, nevicate accecanti, ghiacci perenni, inverni per otto mesi l’anno e freddo pungente con temperature costantemente sotto lo zero - che, in aggiunta alle battaglie, avversavano la vita di ogni giorno. Le principali linee italiane furono il Fronte del Montozzo e lo Sbarramento del Tonale, con funzioni prevalentemente difensive; era infatti di vitale importanza bloccare l’esercito nemico sulle montagne dato che, se gli austriaci fossero penetrati in Val Camonica, sarebbe stato quasi impossibile bloccare la loro avanzata verso Bergamo e Brescia.
Il romanico a Capo di Ponte
Capo di ponte è considerata la culla del romanico lombardo in Valle Camonica grazie a due straordinarie testimonianze: la Pieve di S. Siro a Cemmo e il monastero di San Salvatore. La chiesetta di San Siro risale al VI-VII secolo, ma fu ricostruita nel XII sec. nelle forme che vediamo oggi tipicamente romaniche. La struttura si caratterizza per l’assenza della facciata, sostituita dalla parete di roccia cui l’edificio è addossato; l’entrata principale è quindi posta sul lato, con il meraviglioso portale scolpito decorato con motivi zoomorfi e fitomorfi, ai piedi del quale sono collocate due statue raffiguranti un leone e un agnello. L’interno è suddiviso in tre navate, terminanti in altrettante absidi che sporgono in maniera impressionante sul precipizio sottostante. Sotto il presbiterio si trova l’antica cripta di età longobarda, nella quale si notano interessanti materiali romani di riuso e tracce di affreschi. La parete opposta al presbiterio è occupata da una gradinata scavata direttamente nella roccia, mentre le pareti laterali presentano affreschi tre e quattrocenteschi, tra i quali spicca la “Vergine in trono col Bambino”. Il monastero di San Salvatore, edificio romanico realizzato fra i sec. XI-XII, sorge alle pendici di un monte, in un luogo quasi magico nascosto dagli alberi e considerato sacro sin da tempi lontani. La Chiesa è l’unico edificio sopravvissuto sino ai giorni nostri di un complesso monastico più ampio. L’interno è a tre navate, con transetto e cupola a pennacchi, e con un abside centrale affiancata da due più piccole. Osservando il ricchissimo apparato decorativo si nota una certa influenza francese, borgognona: sulle sculture del portale e dei capitelli interni sono incisi rapaci, ippogrifi, sirene e motivi vegetali, mentre le decorazioni pittoriche sono purtroppo andate perdute. Dalla fine del ‘700 il monastero è di proprietà privata.
Le incisioni rupestri
I camuni, popolazione di cacciatori le cui origini esatte risultano ancora ignote, si insediarono in Valcamonica in tempi più che remoti. La maggior espressione culturale di questi popoli sono le famosissime incisioni rupestri, veri e propri graffiti scavati nella roccia, che testimoniano lo sviluppo di questa società primitiva, lungo un arco di tempo che va dal Neolitico sino alla conquista romana. L’arte rupestre ha permesso di trasmettere messaggi attraverso una “scrittura prima della scrittura” pittografica ed ideografica, che ci raccontano la memoria, gli eventi e i riti dei camuni. Se i rinvenimenti più lontani, collocabili al V-IV millennio a. C., sono realizzati in forme semplici e stilizzate, già nell’età del Rame si nota un ampliarsi dei soggetti incisi. Abbiamo infatti in questo periodo monumentali composizioni graffite - raffiguranti armi, carri trainati da buoi e aratri - che rispecchiano i mutamenti avvenuti nella società, testimoniando inoltre le primitive forme di sostentamento. Ma è solo con l’età del Ferro (IV-I sec. a. C.) che si giunge a una più compiuta rappresentazione di scene a carattere narrativo, riproducenti in maniera straordinariamente naturalistica le attività della vita quotidiana: la caccia e la guerra, il lavoro dei campi e le attività artigianali, scene di culto, così come gruppi di abitazioni riunite in villaggi. I maggiori ritrovamenti sono avvenuti a Capo di Ponte, dove è stato creato il Parco nazionale delle Incisioni rupestri, e a Luine, frazione di Boario Terme. Le centinaia di migliaia di ritrovamenti costituiscono la maggiore e la più importante concentrazione di arte rupestre in tutta Europa, infatti per il loro valore di testimonianza storico-artistica, le incisioni rupestri della Valcamonica sono state dichiarate dall’UNESCO nel 1979 patrimonio dell’umanità.
Santa Cruss: la via crucis di Cerveno
Eretto nel 1752, l’edificio si affaccia sulla piazzetta principale e si distingue per la lunga scalinata in salita, ai lati della quale si aprono quattordici cappelle-stazioni, completamente affrescate. All’interno pregevoli gruppi scultorei, per un totale di ben 198 statue a grandezza naturale, considerati capolavori assoluti dell'intaglio ligneo camuno, sono in gran parte opera dello scultore Beniamino Simoni e furono eseguiti tra il 1752 e il 1764. Le stazioni VIII, IX e X vennero realizzate da Donato e Grazioso Fantoni, mentre la stazione XIV dall'artista milanese Selleroni nel 1869. Ogni dieci anni, in una domenica di maggio, gli abitanti propongono una rappresentazione vivente della Passione, ispirandosi ai personaggi popolari (forse proprio gli stessi cervenesi del XVIII secolo) delle sculture del Simoni. Percorrendo le nicchie di questo sacro monte, persino lo spettatore odierno rimarrà toccato dallo sconcertante realismo di queste sculture dalle cui fattezze tipicamente “camune”, certo debitrici di analoghe soluzioni messe in scena da Romanino a S. Maria della Neve, due secoli prima. Una sorta di parlata rude e dialettale narra dunque, stazione per stazione, le truci vicende della Passione, facendo di questa Via Crucis un’opera a dir poco rivoluzionaria: pensata e realizzata per stimolare la pietà del fedele settecentesco la Via Crucis di Cerveno ancor oggi richiama con impressionante vivezza i più genuini valori del sacro. La scalinata del Santuario si conclude con l’ampia cappella della Deposizione, a destra della quale una porta collega direttamente alla Parrocchiale di S. Martino di Tours.
Il Romanino in Valle Camonica
Nel quarto decennio del ‘500, il pittore bresciano Girolamo Romani detto il Romanino, giunge in Val Camonica in seguito alle vicende che lo avevano visto attivo prima presso il Duomo di Cremona (1517), poi decoratore delle più celebri chiese bresciane, in un ambivalente rapporto di collaborazione e concorrenza con il Moretto, sino alla prestigiosa commissione al Palazzo del Buonconsiglio a Trento (1531-32), accompagnata però da polemiche e incomprensioni. Qui, a contatto con le popolazioni montane, ben lontane dalle esigenze signorili, il pittore matura definitivamente la sua scelta anticlassica, di cui lo straordinario ciclo affrescato nella chiesa di Santa Maria della Neve a Pisogne ne rappresenta la massima espressione, definita dal grande storico dell’arte Giovanni Testori la "Cappella Sistina dei poveri". La rivoluzione attuata dal pittore consiste infatti in un deciso rifiuto dell’idealizzato linguaggio rinascimentale, in favore di uno stile più drammaticamente realistico, ai limiti del grottesco, come testimoniano i volti e nei corpi sgraziati dei suoi personaggi. Per la realizzazione dei suoi soggetti, Romanino volutamente si ispira alle marcate fisionomie “paesane” della gente del luogo, che diviene in questo ciclo umile protagonista della composizione sacra, in linea anche con le nuove esigenze spirituali dell’epoca. La stessa ricerca che Romanino condurrà anche nelle chiese di Santa Maria Annunciata di Bienno e di Sant’Antonio a Breno, con esiti altrettanto riusciti e convincenti.
I parchi dell'Oglio
Istituito nel 1988, il Parco comprende il tratto del fiume Oglio dall'uscita del lago di Iseo, interessando ben 35 comuni, tra rive scoscese o boscose circondate da un territorio prettamente agricolo. Il fiume vi scorre, a tratti in canali rettilinei protetti da alti argini o da sponde con terrazzamenti ricchi di vegetazione, a tratti diviso in numerosi canali dal letto ghiaioso. Visitare il parco permette anche di scoprire interessanti esempi di architettura rurale: cascine, casolari, borghi, oltre a ville signorili e castelli difensivi ai quali si aggiungono esempi di archeologia industriale, chiuse e ponti. Al suo interno sono state create alcune riserve naturali, di grande rilevanza paesaggistica, chiamate “bosco” o “isola” nelle quali il patrimonio faunistico vive e nidifica.